Un pezzetto (bellissimo) di Majella

Un anello sopra e dentro il vallone del torrente Avella.
Prima in cresta sulla dorsale destra della valle fino al rifugio Peschioli, poi aggirandolo sotto e traversando fino alla località Madonnina all'inizio del vallone delle Tre Grotte. Esposizioni, versanti che sfuggono ripidi, una frana da aggirare per dare maggiore senso alla giornata, grotte, sorgenti e viste mozzafiato sulla Nord delle Murelle, sulla valle di Selva Romana, sulla forra, inaccessibile in alcuni punti, del torrente Avella, la cascata del Linaro. Sorprendente Majella.


Un bellissimo anello sulla incredibile forra del torrente Avella, un ritorno in Majella favorito dalle condizioni meteo che davano molto vento ovunque in quota e che abbiamo rispolverato ripescandolo dal diario delle escursioni mai fatte ma più volte messe in cantiere. Aiutati dalla segnaletica stradale raggiungiamo la località Balzolo che sovrasta Pennapiedimonte, appena in tempo per riservarci uno dei pochi parcheggi prossimi alla piazzetta punto di partenza dei sentieri. Un caffè al bar della piazza e da subito si gode della vista stupenda sulla profonda forra che si inoltra nella montagna che sarà uno dei motivi che ci seguiranno per tutta la giornata. Sotto il famoso arco, chiuso da una sbarra, parte la brecciata di servizio all’acquedotto (sent. G2) che percorreremo al ritorno, il sentiero G1 che raggiunge il rifugio Pomilio e la Majelleta che abbiamo deciso di usare per l’andata parte pochi metri prima sulla destra, un’ampia rampa accanto all’ingresso di una abitazione si restringe fino ai primi incassati tornanti che fanno salire fino al caratteristico arco naturale. La vista si allunga su tutta la valle fino alle innevate cime del monte Cavallo, sulla forra, una crepa nella montagna dove il torrente Avella ha scavato strettissimi e profondi canyon coperti di fitta boscaglia; appena una sottile lingua di neve sporge dalle alture circostanti annunciando la nord delle Murelle, autentico monumento naturale insieme alle strette valli di Selva Romana e delle Tre Grotte che ci sorprenderanno per il loro isolamento e per l’idea di wilderness che restituiscono. Il sentiero è ben segnalato, ci si alza su lastricati rocciosi fino ad intercettare una bella via che scorre sul crinale destro della valle, prima con qualche esposizione accentuata ma mai difficile per via della larghezza della traccia e poi dove la dorsale si fa ampia su una evidente linea che si inoltra nella boscaglia bassa; si supera un muretto a secco e delle opere di contenimento per regimentare le acque e poco dopo in un tratto in leggerissima pendenza e su una dorsale ancora ampia e quasi scoperta da vegetazione incontriamo sulla sinistra l’incrocio della traccia che senza raggiungere il rifugio Peschioli inizia a tagliare il versante per raggiungere la Madonnina (+1,05 ore); due ometti ravvicinati sulla sinistra indicano rispettivamente la località Croce e un paio di grotte che si incontrano proseguendo per questa traccia. Noi oggi continuiamo sul G1, avevamo intenzione di arrivare al rifugio Peschioli e di provare ad intercettare da li il sentiero che scende alla Madonnina. La vegetazione si infoltisce ed il sentiero inizia a traversare sul versante opposto alla valle, vista mare in alcuni tratti, evidenti incroci salgono sulla sinistra (+15 min.) e danno modo di raggiungere il rifugio Peschioli, la segnaletica è presente solo nelle immediate vicinanze. Molta letteratura parla di caratteristici pinnacoli e di speroni per individuare il rifugio, evidentemente la vegetazione è cresciuta, nessuna di queste indicazioni aiuta, lo sperone e quindi il rifugio dal G1 è visibile solo quando si è nelle immediate vicinanze. Il rifugio è composto da un’ampia sala, è stata utilizzata una grotta sotto uno sperone che aggetta sulla valle in splendida posizione, un muro a secco ed un tetto la chiudono a formare un accogliente ambiente. All’esterno uno spiazzo, un posto per fare fuoco, le graticole sono appese all’interno del rifugio (non se tutto questo in pieno parco sia consentito a dire il vero) e nelle immediate vicinanze, qualche metro in salita sgorga una copiosa fontana per non far mancare davvero nulla all’incantevole balcone sulle Murelle. Già, perché la di fronte, incastrata in fondo alla sinuosa e selvaggia valle di Selva Romana si alza la mitica Nord delle Murelle, ancora parzialmente innevata, bellissima nella sua asprezza e nel suo isolamento. Nelle immediate vicinanze del rifugio non c’è traccia di discesa, il rifugio è in bilico sul costone, sotto un salto repentino e molto infrattato non ha possibilità di essere approcciato agevolmente, ci muoviamo alla ricerca di una traccia che scenda dentro il vallone del torrente Avella e l’esercizio si mostra molto più semplice di quanto non potevamo immaginare; tornando sui nostri passi alla ricerca di qualche deviazione persa ci imbattiamo su una palina quadrata, alta meno di un metro proprio alle spalle del costone dove sorge il rifugio, si biforcano due tracce, una sulla sinistra e una sulla destra meno marcata; la prima riprende il G1 da dove siamo saliti, la seconda molto meno evidente e almeno nei primi tratti molto incastrata nella vegetazione scende ripida con frequenti curve, presto ci si accorge di aver aggirato lo sperone dove sorte il rifugio e altrettanto presto si converge sul sentiero che proviene da Balzolo. Alcuni passaggi su roccia che sembra scavata dall’uomo ma che ovviamente è solo stata sfruttata ed utilizzata dall’uomo sono davvero caratteristici della Majella, ci si passa protetti da due muraglie in alcuni punti, in altri come se la parete fosse stata scalpellata, si percorrono dei piccoli marciapiede, ma durano poco queste comodità, i mughi si vanno riprendendo il versante e il sentiero lentamente si va chiudendo. Sappiamo di una frana da superare più avanti, frana che ha interrotto la via e che fa sudare per essere superata; probabilmente la traccia ne ha risentito a livello di afflusso e lentamente la montagna si va riprendendo quello che è suo. In ogni caso si passa e anche senza patire troppo, sono altre le lotte coi pini in terra di Majella da raccontare. La frana compare tra la boscaglia, lontana ancora a qualche centinaio di metri, è una profonda ferita brecciosa priva di vegetazione, ci chiediamo se nel giro di svariati anni sia stata riaperta una via che la traversi ma era inutile darsi risposte, ancora qualche manciata di metri e ci saremmo trovati davanti al problema da risolvere per oltrepassarla. Quando ci si è vicini il sentiero quasi si perde, svariate sono le tracce che scendono, più in basso sembra ci sia una traccia che la risalga dal lato opposto, ce ne è una che continua a salire me che per alcuni tratti si perde nel novero di uno sfasciume generale. Allettati dalla traccia che risale sul versante opposto proviamo a scendere ma si tratta di inventarsi ogni passo, non esiste un solo appoggio stabile, il versante è molto scoperto e poco sicuro, non ci fidiamo; ritorniamo sulla traccia che traversava fino a raggiungere il ciglio della frana, facendo attenzione ad ogni dettaglio scoviamo tagli di vegetazione ed “pedicarola” come la chiamano ad Ascoli, una sorta di traccia che sale verticale molto instabile per alcuni metri guadagnando repentinamente dislivello; eravamo sulla via giusta, più in alto si fa più abbordabile, i tagli di vegetazione più precisi ed evidenti, la seguiamo anche se non è esattamente il posto dove ci si vorrebbe trovare; il terreno è molto sconnesso ed insicuro, una grossa pietra dove mi sono appoggiato esce e vola via, insomma qualche momento delicato lo passiamo ma arriviamo a tagliare il versante pochi metri sopra l’inizio della frana (1.15 min.), la vista è graffiante, in basso si apre una voragine che raggiunge la strada di servizio, profondissimo il letto della valle che continua sulla forra del torrente. Ci togliamo dall’impiccio immediatamente e ce ne rimettiamo in una altro perché ritrovare la traccia principale è lavoro più complicato di quello di superare la frana, spariscono all’improvviso segni di tagli, o meglio sono ovunque, siamo entrati in un “frattone” immane; non siamo scesi sulla verticale come forse avremmo dovuto fare ma siamo scesi traversando, c’è voluto solo un po' più di tempo e molte lotte con la vegetazione, poi quando la radura, nei pressi di un grande costone, si è andata diradando abbiamo individuato il sentiero una cinquantina di metri più in basso. Raggiungerlo è stato facile e da lì in poi si è ritornati a camminare su sentiero, il tratto fino ad atterrare rimaneva però ancora lungo. La traccia, precisa, evidente, lineare taglia il versante, quello opposto scorre come una pellicola di un film, la valle di Selva Romana stretta, boscosa, ripida che sbatte sulla Nord delle Murelle che lentamente si va coprendo di nuvole, la confluenza col vallone delle Tre Crotte, le Gobbe di Selva Romana ormai sono alte, non ne si vedono i lineamenti; nonostante tutto, nonostante si tratti di un ambiente antropizzato appare così isolato da ispirare avventura, è tutto così grande e senza una logica ma attira. Attira in maniera pazzesca quella valle stretta, mi piacerebbe tanto andarci a buttare un occhio. Affascinante il sentiero che stiamo percorrendo, traversa con poche variazioni di pendenza, si scoprono scorci quasi alpini, sorgenti che sbucano dalle rocce, grotte, per alcuni momenti scorre ai piedi di imponenti pareti, e il versante che dà sulla valle scivola via quasi sempre ripidissimo. Poi inizia a scendere, lentamente dentro un basso bosco, rado e silenzioso; il versante opposto si avvicina velocemente tanto che si distinguono i dettagli, anche la strada brecciata si avvicina velocemente, lei sale, noi scendiamo tanto che il curvone della Madonnina compare ben presto tra gli alberi. Ameno posto (1,50 ore), la brecciata dopo un ampio curvone torna indietro sul versante opposto, e si va ad infilare all’interno di una valle secondaria profondissima dove il torrente giù in basso ruggisce, la seguiamo un po', rimango affascinato dal fiume là sotto, dalla sua violenza, oggi che scrivo avrei voluto seguire la strada, per curiosare e capire meglio da dove arrivasse tutta quell’acqua ma quel giorno non lo abbiamo fatto, peccato. Ci siamo invece fermati al sole, su una trave nei pressi del curvone; fa rumore l’acqua anche se è canalizzata, una fonte freschissima e qualche raggio di sole, ci prendiamo il nostro tempo per godere di quanto fatto e quanto visto. L’altare con la Madonnina è sul versante opposto, una cavità della roccia protetto da porte in vetro preservano l’effige. A lato della fontana parte il sentiero che risale il vallone delle Tre Grotte, una nuova escursione che potrebbe nascere qui, un salto di più di 1000m. incastrato in una natura selvaggia fino al monte Cavallo, immagino di là la valle dell’Orfento, un altro vallone profondo di questa meravigliosa montagna. Ci vorrebbero le gambe e lo spirito di un tempo con questa montagna, ti strega ogni volta che ti ci avvicini. Dopo la sosta e le tentazioni ripartiamo per il rientro, percorriamo la strada brecciata di servizio, entriamo un paio di volte nell’alveo del torrente per guardare da vicino l’acqua pulitissima, meno di un chilometro dalla madonnina, diversi tornati, ci si abbassa di quota velocemente, un camoscio, poi un secondo con velleità da Unicorno (una battaglia o chissà cosa gli ha spezzato il corno sinistro), entrambi curiosi non scappano e si fanno fotografare; prima di arrivare all’area Pic nic a poco meno di un chilometro dalla Madonnina entriamo di nuovo nel torrente per osservare da vicino la bella cascata del Linaro. La portata importante impedisce il guado ci accontentiamo di rimane a distanza. Da li in poi il letto del torrente sprofonda, presto non si vedrà più e godremo solo delle strette forre rocciose che ha scavato; superiamo la confluenza della valle di Selva Romana, pazzesco questo posto, se non fosse per la strada quasi irraggiungibile. Fino a Pennapiedimonte la strada viaggia a mezza costa, il torrente non urla più tanto è basso, i versanti salgono ripidissimi con spettacolari costoni e torri che si alzano nel bosco di tanto in tanto; si superano tre gallerie, buie ma percorribili anche senza torce tanto sono brevi e con spiragli aperti sui fianchi fino ad arrivare a Balzolo (2,30 ore), dove nello stesso bar di questa mattina ci spetta una freschissima birra e una lunga pausa. Un anello semplice nel concetto ma con qualche difficoltà da superare dove il sentiero è stato abbandonato a causa della frana; nessuna meta da raggiungere nella giornata di oggi, è stato un viaggiare sospesi su una profonda valle, far visita ad un bel rifugio dove di certo ci sarà parte della storia del pastore Domenico, e godere per molti tratti della Nord delle Murelle. E non mi sembra poco.